Roberto Molinelli

TWIN LEGENDS

For Cello and Piano

 

 

Twin Legends, un brano dedicato a due delle leggende che hanno segnato la storia musicale del novecento.
Gemelle, perchè forse entrambe sono state controcorrente, proponendo (e riproponendo) musica tonale, grandi e ancora oggi immortali melodie in un panorama dove proprio la melodia, oltre che la stessa tonalità, venivano progressivamente annullate, fino a giungere alla frammentazione e rarefazione più aleatorie. Esse sono, da una parte, il mito del melodramma italiano, col suo maggior rappresentante dell'epoca, Giacomo Puccini, e dall'altra l'irrefrenabile influsso della musica nera americana, del jazz e prima ancora del blues, fino poi a giungere al contemporaneo rock, che cominciò a contaminare il mondo della musica colta proprio in quegli anni, sbarcando con Gershwin anche in Europa, segnando inconfondibilmente la produzione di molti grandi autori, primo fra tutti Maurice Ravel.
Twin Legends è costruito su due momenti musicali molto contrastanti, due temi dai forti accenti ritmici e lirici, che intendono esplorare diverse e, spesso, inconsuete possibilità espressive degli strumenti per i quali è scritto.
Si apre con una prima idea di spiccata natura brillante, introdotta dalla cadenza del solista, nella quale la lineare scrittura nel movimento di 4/4, è quasi sempre mascherata da accenti ritmicamente spostati dalla loro collocazione abituale, frequente è anche l'utilizzo di effetti percussivi e delle sonorità incisive e molto marcate.
Fa eco una seconda sezione lenta, lirica, pensata come un monologo introspettivo, che, inizialmente come in un recitativo, attraversa vari momenti di una immaginaria vita vissuta, poco a poco crescendo ed incalzando fino a sfociare in una struggente implorazione, una melodia ampia e appassionata, sottolineata dalla piena sonorità del solista e dell'orchestra. Il brano prosegue con la ripresa, variata, della prima parte, per culminare nel vorticoso finale: un ostinato ritmico dell'orchestra che incalzerà il solista fino alla conclusione.
"Una bella melodia non è nè antica nè moderna: essa non ha tempo..." disse l'ottuagenario Giuseppe Verdi a Giulio Ricordi, parlando dello stile dell'allora giovanissimo Puccini, colui che sarebbe poi stato il suo successore come Compositore di spicco dell'importante Editore milanese.
Verdi era sinceramente compiaciuto nel constatare l'uso spianato e passionale di grandi e carismatiche melodie nelle partiture pucciniane, una musica che oggi sappiamo essere divenuta patrimonio culturale dell'intero globo terracqueo.
A più di cento anni di distanza, ripensando per un attimo all'escursus di una parte del nostro vario e spesso discusso Novecento, mi sento di sottoscrivere pienamente quella riflessione....

 

Example page:

 



[back]